Il 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, gli studenti della 4H di Chiaravalle hanno avuto come compito quello di realizzare un video su una persona che aveva vissuto l’Olocausto. Alcuni miei compagni si sono soffermati sulla vita di Liliana Segre e Anna Frank. Io ho realizzato un video su Sami Modiano uno degli ultimi sopravvissuti di Auschwitz-Birkenau. Il video è giunto, tramite la mia professoressa di letteratura italiana,Carmela Mariella, all’Associazione Progetto Memoria di Roma ,un’associazione culturale che si occupa di trasmettere la memoria della Shoah e delle persecuzioni antiebraiche in Italia, attraverso il coordinamento di testimoni e sopravvissuti ai campi di sterminio. La coordinatrice dell’associazione, la dott.ssa Sandra Terracina dopo aver visionato il video ha contattato Sami Modiano che con entusiasmo ha deciso di “incontrarci telefonicamente” visto il difficile momento storico sociale che stiamo vivendo a causa del Covid-19 . In realtà, noi studenti non eravamo a conoscenza di questo straordinario incontro che ci apprestavamo a vivere . E’ stata una sorpresa organizzata dalla nostra docente di lettere in collaborazione con la Prof.ssa Genny Giorgetti, la Prof.ssa Margherita Guadagno e la coordinatrice di sede, la Prof.ssa Roberta Maggiori. E così il 17 maggio con grande stupore abbiamo ricevuto una telefonata un po’ particolare, perché di ordinario non c’è nulla in quella telefonata, quella di Sami Modiano che con voce chiara, ferma e dai toni entusiastici si complimentava con tutta la classe per il lavoro svolto, per aver raccontato la sua vita con creatività e originalità. E’ stata una telefonata intensa, con tante domande, riflessioni che hanno tratteggiato la vita di uno degli ultimi sopravvissuti alla “macchina della morte”. Il sig. Modiano ci ha raccontato della sua vita, della sua famiglia con parole che non dimenticheremo mai e ci ha fatto comprendere con la voce rotta dall’emozione, che da un campo di sterminio fisicamente si può uscire, ma mentalmente non se ne esce mai veramente. Sami Modiano ha una storia che profuma di vita, malgrado abbia visto la morte passargli accanto più volte. Nasce nel 1930 da una famiglia meravigliosa nell’isola greca di Rodi, l’isola delle rose, che in quel periodo era provincia italiana. Il padre Giacobbe, la madre Diana e la sorella Lucia lo riempiono di affetto e lui riempie di soddisfazioni i suoi familiari e i suoi insegnanti. All’età di 13 anni muore la madre e nel 1944, il 18 luglio, nello stesso giorno del suo compleanno e a pochi giorni della festa Bar Mitsvah, ossia quando i ragazzi ebrei raggiungono l’età matura, i tedeschi invadono l’isola e Sami, dopo un lungo mese di viaggio, arriva nel campo nazista di Birkenau. Sami Modiano ci racconta che appena arrivò lì, capì immediatamente ciò che stava accadendo e che circa l’80% delle persone che arrivavano, dopo il controllo nella rampa della morte, finiva nelle camere a gas, mentre il restante 20% era costretto a lavorare per far andare avanti il campo o come lui lo ha chiamato “l’ingranaggio della morte”, che non doveva mai fermarsi e doveva continuare ad uccidere. Il suo numero di matricola era il “B7456”, un numero in più del padre che aveva il B7455. Sami amava moltissimo suo padre, e il suo ricordo ancora oggi lo emoziona. Al campo viene diviso dai suoi familiari: Lui era nella baracca 11 del Lager A ; suo padre nella baracca 15 e la sorella Lucia nel LagerB. Ricorda tutto e ce lo racconta come se fosse successo il giorno prima! Il cibo consisteva in 125 grammi di pane al giorno; praticamente nulla dopo una giornata di lavori forzati! Nei mesi successivi Sami perde la sorella Lucia. Venuto a sapere della morte di Lucia e malgrado i tentativi di Sami di convincerlo a non farlo, il padre si consegna volontariamente in infermeria sapendo benissimo che sarebbe stato ucciso. La Fede è un capitolo delicato nella vita di questo grande uomo. Fino all’età di 13 anni ha seguito i precetti della religione ebraica ma l’orrore vissuto a Birkenau ha messo in discussione il suo credo e spesso al campo di concentramento si è chiesto dove fosse il Signore, arrivando anche a bestemmiare. Ma furono alcune esperienze “positive” come il poter rivedere la sorella prima di morire e sopravvivere a quell’inferno a fargli capire che Dio c’era e a farlo riconciliare con Lui. Di questa telefonata di circa due ore ciò che non dimenticherò mai è il suo profondo amore per la famiglia a cui è stato sottratto con violenza ed è proprio alle nostre famiglie che si è interessato, facendoci comprendere quanto siamo fortunati ad avere con noi i genitori, fratelli e sorelle. Si è interessato alle nostre vite come un caro Amico. Ci ha incoraggiati a proseguire gli studi, perché a lui non è stata data questa possibilità, invitandoci ad amare la scuola e di farne tesoro. Alla fine della lunga chiacchierata ci ha lasciato con una frase pronunciata con la voce spezzata dal pianto ma pregna di forza e coraggio: “Fate in modo che non succeda più… Voi siete la speranza del domani”.
di Francesco Rosi
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